In queste settimane la regione è un cantiere per la preparazione di grandi eventi partecipativi: questa settimana la Camera di Commercio di Udine ha presentato il percorso per l’elaborazione dell’Agenda del futuro per la Udine del 2020, ad inizio agosto la Regione ha indetto gli stati generali della montagna, da realizzarsi entro l’autunno.
O almeno questo immaginiamo, guardando al tutto dall’esterno. Non possiamo che esserne contenti, ma speriamo che gli invitati non siano solo il primo stato, i politici, e il secondo stato, quel clero costituito da funzionari, universitari e esperti embedded che fanno ricette e si scambiano tra loro poltrone (quasi sempre con vistosi flop di visione e di gestione che hanno conseguenze negative solo per noi e non per le loro carriere). Forse merita che sia ascoltata la voce anche del terzo – e, perché no? – anche del quarto stato: di coloro che in questi territori fanno impresa, operano nei servizi e garantiscono concretamente affinché tutti abbiamo accesso a un minimo di risorse per vivere degnamente, delle persone che scelgono di continuare a risiedere e lavorare qui. Ma chi fa la mappa dei portatori di interessi, l’indagine etnografica che precede ogni serio processo partecipativo, avrà la competenza e la sensibilità per riconoscere questi soggetti? Non possiamo far altro che augurarcelo e attendere. Nell’incertezza, ben vengano gli stimoli a chi coordina questi processi, come quello offerto dal combattivo Franceschino Barazzutti, già sindaco di Cavazzo Carnico, che ricorda come “la politica seria si fa partendo da incontri con la popolazione Comune per Comune, costruendo un programma dal basso, coinvolgendo, non calando dall’alto, coltivando cittadini attori e non sudditi.” Pienamente d’accordo, sempre che non finisca tutto in caotiche assemblee dove deve avere ragione chi urla più forte o fa il gesto scenico più eclatante. Terzo e quarto stato ma senza lo spirito da sanculotti.
Roberto Chiesa