Le 146 proposte della Convenzione civica per il clima sono attuabili e possono creare lavoro e sviluppo. Un risultato della Convenzione civica per il clima, conclusa a giugno, importante in sé, ma soprattutto perché indica che attivare nuove forme di partecipazione democratica alle decisioni è possibile. Dopo i primi incerti passi nei primi mesi del 2019 con il Grand Débat, che aveva seguito il fenomeno dei gilet jaunes, per due mesi in tutta la Francia, la democrazia deliberativa è progredita con la Convenzione civica per il clima e ora ha la possibilità di evolvere ancora.

La Convenzione civica è stata formata da 150 cittadini francesi, tirati a sorte, che dall’inizio di ottobre 2019 si sono riuniti nei fine settimana in presenza e poi a distanza con il compito di proporre «misure per ridurre almeno del 40% le emissioni di gas a effetto serra entro il 2030, in una logica di giustizia sociale». Il governo si è impegnato a concludere l’iter legislativo «senza filtro»: quando le proposte sono «precise, chiare, dettagliate»: potranno essere trasformate in legge, senza emendamenti, oppure sottoposte a un referendum popolare con domande multiple.

Il panel nasce in risposta a una specifica richiesta dei gilet gialli ed è stato costituito da 150 persone partendo da 255mila numeri di telefono, facendo in modo che fosse rappresentativo della popolazione: ci sono persone tra i 16 e gli 80 anni, di tutte le regioni, più donne che uomini, più tra i 50 e i 64 anni che tra i 18 e i 24, più senza diploma di studi superiori che con, il 26% sono operai e impiegati, il 9% quadri superiori e professioni liberali. Per comporre il panel sono state contattate molte più di 150 persone: il 30% ha accettato subito, il 35% ha chiesto tempo prima di rispondere, un altro 30% ha rifiutato immediatamente, soprattutto per mancanza di tempo.

I lavori sono stati divisi in atelier tematici – casa, trasporti, produrre-lavorare, alimentazione, consumo – e in sessioni comuni  per scegliere il programma da presentare al governo. I lavori si sono svolti sotto la supervisione di tre “garanti” e hanno utilizzato l’audizione di una sessantina di esperti, soggetti rilevanti e testimoni privilegiati.

Non sono mancate le critiche, sia da parte delle organizzazioni ambientaliste e di altri soggetti intermedi che hanno visto ridotto il loro ruolo, sia per i costi e l’utilità dell’operazione, mentre è stata vista con molto interesse da altri governi, che ne vogliono riprendere l’esempio; tra questi, la Gran Bretagna il 25 gennaio ha avviato l’Uk Citizen’s Climate Assembly e la Spagna ha annunciato una Convenzione simile a quella francese. In Italia, l’esigenza di ascolto e  di rinnovo della democrazia è sentita almeno allo stesso livello, ma la risposta data con gli “Stati generali” è del tutto inadeguata.