Parole e pietre

In questa sezione raccogliamo alcuni riferimenti utile a un buona gestione della comunicazione e dell’informazione in particolare. Proprio perché li riteniamo elementi guida per questo sito abbiamo dedicato una pagina permanente e che arricchiremo nel corso del tempo a seconda con quanto riteremmo rilevante per lo specifico momento. Iniziamo conun richiamo ad alcuni strumenti già a disposizione, ma non sufficientemente ricordati.

PER UNA COMUNICAZIONE NON VIOLENTA

La Carta di Assisi è nata per affermare la necessità di una comunicazione non violenta, capace di costruire coesione sociale, un decalogo per l’uso corretto delle parole e per contrastare l’odio.

Elaborata a Roma nella primavera dello scorso anno, il Manifesto di Assisi si rivolge a tutti noi, che utilizzando i social media siamo di fatto operatori dell’informazione, e proprio in questa contingenza difficile del Covin-19 possiamo comprendere l’importanza dell’uso corretto delle parole e l’impatto delle notizie false o distorte.

A maggior ragione, per i giornalisti la Carta di Assisi dovrebbe essere una sorta di “giuramento di Ippocrate”, fornendo le linee guida per svolgere il proprio lavoro senza limiti alla libertà di espressione, ma allo stesso tempo nel “rispetto sostanziale della verità dei fatti” come richiesto dal codice deontologico della professione e dalla Costituzione.

La Costituzione impedisce di assegnare un diritto di par condicio al razzismo, all’antisemitismo, alla mafia e a ogni prevaricazione sui più deboli. La Carta di Assisi vuole attuare queste indicazioni, rivalutando il ruolo delle parole come strumento di connessione delle persone, anche quando esprimono posizioni diverse. Le parole sono pietre, che vanno usate non per innalzare muri, ma per costruire ponti.

LA CARTA DI ASSISI

  1. L’ostilità è una barriera che ostacola la comprensione. Nel rispetto del diritto-dovere di cronaca e delle persone occorre comprendere.
    Scriviamo degli altri quello che vorremmo fosse scritto di noi.
  2. Una informazione corretta lo è sempre, sono la fiducia e la lealtà a costruire una relazione onesta con il pubblico.
    Non temiamo di dare una rettifica quando ci accorgiamo di aver sbagliato.
  3. Difendiamo la nostra dignità di persone, ma anche quella altrui, fatta di diversità e differenze. Tutti hanno diritto di parlare e di essere visibili.
    Diamo voce ai più deboli.
  4. Costruiamo le opinioni sui fatti e quando comunichiamo rispettiamo i valori dei dati per una informazione completa e corretta. Dietro le cifre ci sono gli esseri umani.
    Impariamo il bene di dare i numeri giusti.
  5. Se male utilizzate, le parole possono ferire e uccidere. Ridiamo il primato alla coscienza: cancelliamo la violenza dai nostri siti e blog, denunciamo gli squadristi da tastiera e impegniamoci a sanare i conflitti.
    Le parole sono pietre, usiamole per costruire ponti.
  6. Facciamoci portavoce di chi ha sete di verità, di pace e di giustizia sociale. Quando un cronista è minacciato da criminalità e mafie, non lasciamolo solo, riprendiamo con lui il suo viaggio.
    Diventiamo scorta mediatica della verità.
  7. Con il nostro lavoro possiamo illuminare le periferie del mondo e dello spirito. Una missione ben più gratificante della luce dei riflettori sulle nostre persone.
    Non pensiamo di essere il centro del mondo.
  8. Internet è rivoluzione, ma quello che comunichiamo è rivelazione di ciò che siamo. Il nostro profilo sia autentico e trasparente.
    Il web è un bene prezioso: viviamolo anche come bene comune.
  9. La società non è un groviglio di fili, ma una rete fatta di persone: una comunità in cui riconoscersi fratelli e sorelle. Il pluralismo politico, culturale, religioso è un valore fondamentale.
    Connettiamo le persone.
  10. San Francesco d’Assisi operò una rivoluzione, portare la buona notizia nelle piazze; anche oggi una rivoluzione ci attende nelle nuove agorà della Rete.
    Diamo corpo alla notizia, portiamola nelle piazze digitali.

LA CARTA DI ROMA: PAROLE E MIGRANTI

L’Associazione Carta di Roma è stata fondata nel dicembre 2011 per dare attuazione al protocollo deontologico per una informazione corretta sui temi dell’immigrazione, siglato dal Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti (CNOG) e dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI) nel giugno del 2008.

La Carta di Roma nasce per richiamare i giornalisti italiani a osservare la massima attenzione nel trattamento delle informazioni concernenti i richiedenti asilo, i rifugiati, le vittime della tratta ed i migranti e in particolare a:

  1. Adottare termini giuridicamente appropriati sempre al fine di restituire al lettore e dall’utente la massima aderenza alla realtà dei fatti, evitando l’uso di termini impropri;
  2. Evitare la diffusione di informazioni imprecise, sommarie o distorte riguardo a richiedenti asilo, rifugiati, vittime della tratta e migranti. CNOG e FNSI richiamano l’attenzione di tutti i colleghi, e dei responsabili di redazione in particolare, sul danno che può essere arrecato da comportamenti superficiali e non corretti, che possano suscitare allarmi ingiustificati, anche attraverso improprie associazioni di notizie, alle persone oggetto di notizia e servizio; e di riflesso alla credibilità della intera categoria dei giornalisti;
  3. Tutelare i richiedenti asilo, i rifugiati, le vittime della tratta ed i migranti che scelgono di parlare con i giornalisti, adottando quelle accortezze in merito all’identità ed all’immagine che non consentano l’identificazione della persona, onde evitare di esporla a ritorsioni contro la stessa e i familiari, tanto da parte di autorità del paese di origine, che di entità non statali o di organizzazioni criminali. Inoltre, va tenuto presente che chi proviene da contesti socioculturali diversi, nei quali il ruolo dei mezzi di informazione è limitato e circoscritto, può non conoscere le dinamiche mediatiche e non essere quindi in grado di valutare tutte le conseguenze dell’esposizione attraverso i media;
  4. Interpellare, quando ciò sia possibile, esperti ed organizzazioni specializzate in materia, per poter fornire al pubblico l’informazione in un contesto chiaro e completo, che guardi anche alle cause dei fenomeni.

L’Associazione è un punto di riferimento per tutti gli operatori dell’informazione, ma anche enti e istituzioni, associazioni e attivisti impegnati sul fronte dei diritti dei richiedenti asilo, dei rifugiati, delle minoranze e dei migranti nel mondo dell’informazione (www.cartadiroma.org). Ha anche prodotto un utile glossario: il termine clandestino non è previsto.

GLOSSARIO

– Un richiedente asilo è colui che è fuori dal proprio paese e presenta, in un altro stato, domanda di asilo per il riconoscimento dello status di rifugiato in base alla Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951, o per ottenere altre forme di protezione internazionale. Fino al momento della decisione finale da parte delle autorità competenti, il richiedente asilo ha diritto di soggiorno nel paese competente per l’esame della sua domanda, anche se è arrivato senza documento e in modo irregolare.

– La definizione del termine rifugiato si trova nella Convenzione di Ginevra del 1951 sullo status dei rifugiati, di cui l’Italia è uno dei 147 Paesi che l’hanno firmata. Nell’articolo 1 della Convenzione il rifugiato viene definito come una persona che: ‘temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a un determinato gruppo sociale od opinioni politiche, si trova fuori del paese di cui ha la cittadinanza, e non può o non vuole, a causa di tale timore, avvalersi della protezione di tale paese’. Lo status di rifugiato viene quindi riconosciuto alle persone che si trovano nella condizione prevista dalla Convenzione, cioè a chi ha un ragionevole timore di poter essere, in caso di rimpatrio, vittima di persecuzione . Rientrano nel termine “persecuzione” determinati atti, che per loro natura o frequenza, rappresentano una violazione grave dei diritti umani fondamentali, e sono perpetrati per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza ad un determinato gruppo sociale.

– La “protezione sussidiaria” è una forma di protezione internazionale introdotta dalla normativa dell’Unione Europea come ulteriore forma di protezione rispetto allo status di rifugiato, basato sulla Convenzione di Ginevra che presuppone una persecuzione individuale. La protezione sussidiaria, infatti, viene riconosciuta nei casi in cui un richiedente asilo non può essere rimpatriato nel suo paese di origine, poiché sarebbe a rischio di subire un danno grave, a causa di una situazione di violenza generalizzata e di conflitto. Inoltre, può essere riconosciuta la protezione sussidiaria in caso di pericolo di subire la tortura, la condanna a morte o trattamenti inumani o degradanti per motivi diversi da quelli previsti dalla Convenzione di Ginevra.

– Un beneficiario di protezione umanitaria è colui che – non avendo diritto a nessuna delle forme di protezione internazionale di cui sopra – necessita comunque di una forma di protezione e/o assistenza in quanto ad esempio particolarmente vulnerabile sotto il profilo medico, psichico o sociale o che non può essere rimpatriati per altri motivi.

– Una vittima della tratta è una persona che, a differenza dei migranti irregolari che si affidano di propria volontà ai trafficanti, non ha mai acconsentito ad essere condotta in un altro paese o, se lo ha fatto, l’aver dato il proprio consenso è stato reso nullo dalle azioni coercitive e/o ingannevoli dei trafficanti o dai maltrattamenti praticati o minacciati ai danni della vittima. Scopo della tratta è ottenere il controllo su di un’altra persona ai fini dello sfruttamento. Per ‘sfruttamento’ s’intendono lo sfruttamento della prostituzione o altre forme di sfruttamento sessuale, il lavoro forzato, la schiavitù o pratiche analoghe, l’asservimento o il prelievo degli organi.

– Un migrante irregolare, comunemente, ma in modo errato, definito ‘clandestino’, sceglie di lasciare volontariamente il proprio paese d’origine per cercare un lavoro e migliori condizioni economiche altrove. Contrariamente al rifugiato può far ritorno a casa in condizioni di sicurezza. Il migrante irregolare è colui che: a) ha fatto ingresso eludendo i controlli di frontiera; b) è entrato regolarmente nel paese di destinazione, ad esempio con un visto turistico, e vi è rimasto dopo la scadenza del visto d’ingresso (diventando un cosiddetto ‘overstayer’); o c) non ha lasciato il territorio del paese di destinazione a seguito di un provvedimento di allontanamento.

CARTA DI TREVISO: DA BAMBINO A NOTIZIA

La carta di Treviso è un documento d’intenti adottato dalla Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI) e dall’Ordine dei giornalisti, in collaborazione con Telefono Azzurro, a conclusione di un convegno nazionale svoltosi a Treviso nell’ottobre 1990 e dedicato al tema “Da bambino a notizia: i giornalisti per una cultura dell’infanzia”.

La Carta di Treviso, che trae ispirazione dai valori della nostra Carta costituzionale e dalla Convenzione dell’Onu sui diritti dei bambini ratificata dall’Italia e divenuta legge statale 176/1991, è il primo documento di autoregolamentazione deontologica che impegna i giornalisti a norme e comportamenti eticamente corretti nei confronti dei minori.

In questo particolare periodo che colpisce tragicamente le popolazioni di ogni parte del mondo con le più diverse forme di violenza, capita di vedere fotografie di bambini in condizioni estreme. Affamati, feriti.. può accadere che la loro immagine venga adoperata per suscitare pietà.

Fra le tante norme che la carta suggerisce scegliamo quella che propone indicazioni particolarmente attuali nei nostri giorni:

“Ordine dei giornalisti e FNSI sono consapevoli che il fondamentale diritto all’informazione può trovare dei limiti quando venga in conflitto con i diritti dei soggetti bisognosi di una tutela privilegiata. Pertanto, fermo restando il diritto di cronaca in ordine ai fatti e alle responsabilità, va ricercato un equilibrio con il diritto del minore ad una specifica e superiore tutela della sua integrità psico-fisica, affettiva e di vita di relazione”.

LE PAROLE CHE SCELGO RACCONTANO LA PERSONA CHE SONO

Parole O_Stili è un’associazione con sede a Trieste che “ha l’ambizione di ridefinire lo stile con cui le persone stanno in Rete, vuole diffondere l’attitudine positiva a scegliere le parole con cura e la consapevolezza che le parole sono importanti. Il potere delle parole: commuovono, uniscono, scaldano il cuore. Oppure feriscono, offendono, allontanano. È vero che i social media sono luoghi virtuali, ma è vero che le persone che vi si incontrano sono reali, e che le conseguenze sono reali. Per questo oggi, specie in Rete, dobbiamo stare attenti a come usiamo le parole.”

Ogni anno organizza un festival e le parole chiave dell’edizione 2020 sono: positività, possibilità, innovazione e digitale. Con la Rete al centro: in queste settimane di ansia e di paura la Rete sta facendo la differenza, in tutte le sue sfumature (anche le meno positive).

Il festival si svolgerà online e non nell’abituale cornice triestina, ma non mancheranno, come sempre, le competenze di esperti della Rete, giornalisti, comunicatori, politici e altre professionalità.

La community di Parole O_Stili si unirà anche per trovare parole nuove per superare le fragilità, le paure e purtroppo anche i dolori che stiamo vivendo in queste settimane.

Per il programma: https://paroleostili.it/quarta-edizione-2020/

GIORNALISTE CONTRO LE FAKE NEWS AL TEMPO DEL COVID-19

Le donne sono le principali vittime del linguaggio d’odio. E le giornaliste che trattano temi “sensibili” sono due volte vittime, l’aggressione via social si fa violentissima. È partendo da questa esperienza, che le giornaliste delle Commissioni pari opportunità di Ordine dei giornalisti, Fnsi, Usigrai e dell’associazione GiULiA-giornaliste, si siano particolarmente allarmate per le fake news – vera miccia del linguaggio d’odio – che sono divampate sui social, nelle chat, nelle messaggistiche, con maggior intensità dallo scoppio dell’emergenza Covid19. Le fake news vengono diffuse soprattutto nelle chat su Whatsapp: abbandonati i canali social sin qui privilegiati (Facebook e Twitter in primis), le fake news legate al tema del Coronavirus sono dunque più insidiose. Per due motivi: sono più pervasive e hanno un alto potere viralizzante, poiché sfruttano l’ansia collettiva e l’autostrada rappresentata dai canali di comunicazione che oggi costituiscono il tessuto connettivo sociale privilegiato, le chat tra amici, famigliari e colleghi; rimbalzando da una chat all’altra, si ammantano della credibilità che le stesse hanno, nei confronti dei membri. Formati audio provenienti da sedicenti medici, video di sedicenti esperti e giornalisti che raccontano di complotti orchestrati da centrali straniere, cure miracolose a base di vaccini anti tbc o integratori alimentari, messaggi che si spingono a dipingere scenari da incubo negli ospedali riguardo alla scelta di salvare i pazienti o meno. In una situazione di isolamento e di grave ansia collettiva, è chiaro che questi messaggi tendono a destabilizzare le persone e a diffondere il panico.
Soffiare sul fuoco della paura, lo sappiamo anche dalle numerose indagini fatte sui discorsi d’odio online, alimenta ansia collettiva e prelude a instabilità pericolose sia dal punto di vista personale che sociale.
Per questo è più che mai necessario rafforzare gli anticorpi collettivi contro fake news e messaggi che diffondono notizie non verificate e imprecise. Le giornaliste non si sono limitate a denunciare, ma hanno voluto suggerire delle forme per difenderci dalle fake news.

Come distinguere le notizie certe da quelle prive di ogni fondamento?


* I messaggi fake non espongono quasi mai la fonte e se la espongono, si tratta di fonti insicure e poco attendibili. In questo modo risultano indefiniti e quindi tanto più minacciosi.

* I messaggi fake spesso non riportano nome, cognome e qualifica del presunto medico o esperto: risultano generici, e anche qui difficilmente tracciabili.
* Prima di diffondere il messaggio che riceviamo, verifichiamone l’attendibilità. Basta un semplice controllo sul web per confermare o smentire le affermazioni contenute nel messaggio sospetto. E anche per verificarne l’eventuale autore.
* Cerchiamo di tracciare il messaggio: chi lo ha mandato? E a sua volta da chi l’ha ricevuto? Se la catena è molto lunga e non si riesce a risalire alla fonte primaria, non diffondiamo il messaggio.
* Ogni messaggio che diffondiamo porta la nostra firma. Quindi la diffusione delle fake news è anche una nostra responsabilità.

Commissioni pari opportunità di Ordine dei giornalisti, Fnsi, Usigrai e dell’associazione GiULiA-giornaliste

ALTRI STRUMENTI PER UNA CORRETTA INFORMAZIONE

EUvsDisinfo

EUvsDisinfo è il progetto di punta della task force East StratCom del Servizio europeo per l’azione esterna. È stato istituito nel 2015 per prevedere, indirizzare e rispondere meglio alle campagne di disinformazione in corso della Federazione Russa che interessano l’Unione Europea, i suoi Stati membri e i paesi del vicinato condiviso.
L’obiettivo principale di EUvsDisinfo è aumentare la consapevolezza e la comprensione da parte del pubblico delle operazioni di disinformazione del Cremlino e aiutare i cittadini in Europa e oltre a sviluppare resistenza all’informazione digitale e alla manipolazione dei media.

Utilizzando i servizi di analisi dei dati e monitoraggio dei media in 15 lingue, EUvsDisinfo identifica, compila ed espone casi di disinformazione originati dai media pro-Cremlino che sono diffusi in tutta l’UE e nei paesi del partenariato orientale. A partire dal 2019, monitora anche la diffusione della disinformazione nei Balcani occidentali e nel vicinato meridionale dell’UE. Questi casi sono raccolti nel database EUvsDisinfo – l’unico ricercabile e open source nel suo genere – che attualmente comprende oltre 6.500 campioni di disinformazione pro-Cremlino. Il database viene aggiornato ogni settimana, insieme a un breve riepilogo delle tendenze.

Verification Handbook

Verification Handbook è una guida per verificare la corretteza dei contenuti digitali e delle loro fonti, in particolare nelle situazioni di emergenza.

Scritto da importanti giornalisti della BBC, Storyful, ABC, Digital First Media e altri esperti, il manuale di verifica è una nuova risorsa innovativa che fornisce gli strumenti, le tecniche e le linee guida passo-passo su come gestire i contenuti generati dagli utenti durante le emergenze.

Sul sito ufficiale è disponibile anche la versione in italiano a cura di Andrea Coccia di SlowNews.


La formazione on line di Google


Anche alcuni giganti del web hanno attivato strumenti utili a migliorare il clima in rete. Google News Lab sta continuando a fare formazione online per i giornalisti su una serie di strumenti digitali utili a trovare, verificare e raccontare notizie. Insieme al resto del team dei Teaching Fellow, che svolgono l’attività di formazione in tutto il mondo, è quindi disponibile per organizzare corsi da remoto. A partire dalla scorsa settimana, sta offrendo una formazione su Youtube in più lingue. Collegandosi al link bit.ly/GNILiveData si può seguire una lezione in italiano della durata di circa 45 minuti.
I corsi sono disponibili all’interno del sito di Google dedicato alla formazione per i giornalisti: g.co/newstraining. Segnaliamo inoltre che per combattere la disinformazione è stato aggiunto un nuovo corso relativo agli strumenti di Fact Check di Google.